L’OSTENTAZIONE DI FAMA, GLORIA E DENARO

I falsi valori dei ridondanti programmi televisivi con giochi a premi

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

Per molti non ha importanza se il nostro Paese, oltre a tanti altri, sta vivendo una delle più inquietanti e deleterie esperienze a causa della pandemia, perché senza sosta continuano i programmi televisivi ludici attorno ai quali ruota inevitabilmente il denaro… e non poco! È pur vero che il mondo dello spettacolo e della relativa produttività ha ragione di esistere e di produrre, ma sapendo che molti nostri connazionali versano in condizioni di gravissimo disagio economico ed esistenziale, vedere altri che esultano per aver vinto (senza fatica) una certa somma partecipando ad esempio ad un “banale” gioco a quiz (dove per la gran parte prevale la simpatia piuttosto che la bravura dei concorrenti perché quasi sempre per le risposte si tira ad indovinare), mi sembra una insensibilità e una indelicatezza a dir poco riprovevoli… e chi vince nei confronti dei perdenti e degli esclusi al gioco (oltre ai conduttori) sembra dire: “Sfortunato a chi capita”. Ma non solo. E proprio a fronte della continua estensione dei nostri problemi esistenziali poca attenzione si ha per quelli che si ammalano o muoiono in particolare a causa di questa pandemia, la cui visione è a dir poco struggente. Dunque, non mi sembrano questi i momenti e le occasioni per inseguire ricchezze, visibilità e onori con tanto di elogi sino all’inverosimile, peraltro con il sostegno entusiastico di fan che acclamano e addirittura incitano, come se i loro beniamini fossero da elevare nell’olimpo degli Dei. E non mi si venga a dire che queste opportunità televisive hanno anche carattere di solidarietà per il fatto che alcuni concorrenti sono disoccupati, precari e senza arte e ne parte… Ma tra essi vi sono anche professionisti e persone di una certa istruzione e cultura, anch’essi spinti dal “semplice” desiderio di partecipare, vincere un gruzzoletto e vivere un momento di particolare emozione e gloria condito da quella luce riflessa che si chiama notorietà… per ben distinguersi dagli altri. Inoltre in queste occasioni, proprio perché spesso prevale l’indole venale, sia pur temporanea, per costoro il mondo sembra fermarsi la cui visione non va oltre a certi valori che sono la modestia e l’umiltà. La voce popolare direbbe che siamo oggetto del consumismo e ciò è pur vero, ma questo a mio parere non giustifica quell’ostentare la rincorsa al denaro e alla gloria a piè sospinto.

E, a questo riguardo, vorrei rammentare che nemmeno  i Premi Nobel più famosi sono acclamati così tanto… se non soltanto il giorno stesso della loro proclamazione; inoltre alcuni di essi hanno devoluto l’ammontare del loro Premio Nobel ad opere benefiche: noto è l’esempio del filantropo alsaziano dottor Albert Schweitzer (1875-1965 nella foto) che ha devoluto la somma del Premio per la Pace (33.480 dollari nel 1952) per la costruzione del lebbrosario in Gabon. Un esempio lontano nei tempi, ma più recentemente la scienziata Rita Levi-Montalcini (1909-2012) parte del suo premio (del 1986) lo ha donato per la ricerca all’European Brain Research Institute da lei fondato. Queste sono indubbiamente due realtà eclatanti che non giustificherebbero il confronto con quella dei concorrenti dei moderni giochi a premi televisivi, ma il loro esempio ci porta a riflettere che la vita non va vissuta soltanto per il mero materialismo, ma anche per tutto ciò che è spiritualità e dedizione verso chi è meno fortunato e che spesso non ha bisogno di notorietà, bensì di rispetto e considerazione umana. Purtroppo la televisione d’oggi ben poco offre in quest’ultimo senso proprio perché morale ed etica non producono denaro, in quanto il commercio ha le sue regole anche se le stesse a volte sono “camuffate” da iniziative di carattere benefico: una modesta parentesi di generosità con la presunzione di aver fatto del bene alla collettività. E intanto gli imprenditori di questi potenti mezzi di comunicazione, così come i loro conduttori, vedono incrementare i propri assai ragguardevoli introiti. A questi concorrenti che vorrebbero godere di qualche momento di visibilità ed etichettati come protagonisti di elevato talento, vorrei rammentare quanto disse lo scrittore e aforista Roberto Gervaso (1937-2020): «La fama è ciò che resta della popolarità, spenti gli applausi».

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