TRA IL SUBLIME ATTO DELLA DONAZIONE E L’OPINABILE OPPOSIZIONE

Molto sottile il confine tra le due decisioni, ma ambedue i casi contribuiscono a determinare il destino di una persona. Anche se nessuno ha il diritto di “violare” l’intimo pensiero altrui

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

Diritto alla vita. Un diritto sacrosanto, innegabile, senza condizione e senza ma o perché. Ma anche un dovere di onorarla e tutelarla. Quante volte nel corso della nostra esistenza abbiamo sentito pronunciare, o letto, queste frasi. E quante volte abbiamo assistito alla loro negazione per le più svariate ragioni. Eppure, nonostante i princìpi che hanno ispirato l’Entità Suprema nell’originare la vita umana, oltre che animale, della vita stessa si continua a denigrarla e assurdamente a sopprimerla, sia la propria che altrui. Un’assurdità, è il caso di ribadire, ma vi sono state e ancora esistono persone che, pur avendo la facoltà (dovere) di salvare una vita umana, soprattutto di un proprio congiunto, la nega per un proprio credo o una qualsiasi… intima ragione. È il caso ad esempio, come riferiscono le cronache di questi giorni, di Daniela Molinari, una infermiera milanese di 47 anni, malata di cancro. Purtroppo le cure tradizionali non stanno dando i risultati sperati, e per questo i medici le hanno proposto una terapia sperimentale, ma per dar corso alla quale serve la mappa genetica di almeno uno dei genitori. Ma come a volte accade un dramma si somma ad un altro dramma e, nel caso di Daniela Molinari, abbandonata alla nascita nel 1973 dalla madre biologica, l’ha cercata e trovata, ma questa “cocciutamente” si rifiuta, pur avendo garantito l’anonimato, di sottoporsi al necessario esame (un “innocuo” prelievo di sangue) che, molto probabilmente, potrebbe contribuire a salvare la vita della propria figlia. Tralasciando la o le motivazioni di questo categorico rifiuto, sono inevitabili alcune considerazioni a cominciare dal rimettere in discussione il valore della vita stessa, e con quale diritto (?) di “imporsi” nel sacrificarne un’altra, specie di uno stretto famigliare, magari per il solo fatto di non voler rievocare da parte di una madre le ragioni che hanno determinato la scelta di abbandonare la propria creatura alla nascita, come nel caso in questione. Inoltre, la forte contraddizione di una donna che mette al mondo una creatura, abbandonarla e in un periodo successivo rifiutare di salvarle la vita. Per contro, è forse pretestuoso ma soprattutto doloroso entrare nell’intimo di una vita privata, ancor più quando non si è diretti testimoni degli eventi; ma poiché la vita è una sola per tutti ritengo che non si ha alcun diritto di ostacolarla e tanto meno di sopprimerla sia pur indirettamente, e questo richiama alla mente il “potere” gestuale e concreto del pollice verso e del pollice recto. Pur non volendo approfondire oltre in merito alla vicenda, ritengo di poter rammentare che dal punto di vista etico vi possono essere situazioni in cui, per il bene di una familiare, talvolta si è disposti ad affrontare molto di più di un intervento o di un “semplice” esame del sangue, invasivi o meno, o comunque non privi di rischi, timori e incertezze sull’esito finale. Si tratta di situazioni particolari che in altri casi hanno dimostrato totale dedizione verso il proprio congiunto, e addirittura verso estranei. In ogni caso, il trovarsi di fronte a circostanze in cui si è chiamati a donare parte di sé stessi, rappresenta un momento soggettivo che va rispettato perché non si può eludere quella saggezza che ci ha tramandato il filosofo e premio Nobel per la Pace dottor Albert Schweitzer (1875-1965): «Non si ha il diritto di indagare nell’intimo degli altri. Il voler analizzare i sentimenti del prossimo è indelicato: non c’è solo un pudore del corpo, esiste anche quello dell’animo che bisogna rispettare. Anche l’animo ha i suoi veli, dei quali non ci si deve liberare». Forse in casi come quello descritto questa saggezza può essere motivo di “conforto”, ma resta il fatto che vedere perdere la vita di una persona a noi cara, è un retaggio che nessuno vorrebbe avere e sarà solo il domani a dirci se era giusto accettarlo o rifiutarlo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *