14 Ott 2021

Filò: chi l’ha detto che la filosofia non è per bambini e ragazzi?

Un gruppo di giovani accomunati dalla passione per la filosofia e la pedagogia ha lanciato un progetto che vuole portare queste pratiche fra i banchi di scuola, per diffondere consapevolezza e dialogare con le menti fresche, curiose e fertili dei più piccoli. Vi presentiamo "Filò, il filo del pensiero" in questo articolo, il primo di una serie finalizzata a esplorare le tematiche e le attività del progetto.

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Che senso ha la vita? Cosa c’è dopo la morte? Cosa significa essere liberi? Perché esiste il male? Domande profondissime e complesse, che non smettiamo mai di porci nel corso della nostra vita. Domande essenziali, in entrambe le accezioni di questo termine. Essenziali perché semplici, asciutte, dirette. Ma essenziali anche perché rappresentano l’esistenza stessa, il suo significato indispensabile. Alla luce di questo, vi può sembrare strano che queste domande siano state poste da bambini?

Già, perché i ragazzi e le ragazze di Filò portano questi temi e la pratica della filosofia proprio nelle scuole, laddove la sete di risposte è più vera, meno filtrata, e deve essere placata per dotare i grandi di domani della consapevolezza necessaria per esercitare pensiero, crescita, dialogo e condivisione.

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Presentatevi: chi c’è dietro Filò, quali sono i vostri percorsi e i vostri obiettivi?

Siamo un gruppo di giovani filosofi e filosofe desiderosi di portare la filosofia fuori dall’accademia come opportunità educativa e culturale per tutti. L’idea di far nascere un gruppo dedicato alle pratiche filosofiche è nata all’Università di Bologna, dove alcuni di noi svolgevano un dottorato di ricerca. Ci siamo interessati alle esperienze di pratiche filosofiche già esistenti ed è stato proprio studiando ed esplorando ciò che già c’era che abbiamo toccato con mano la portata innovativa e il valore di queste pratiche.

Dal primo gruppo di ricerca è nata, nel 2018, l’associazione Filò. Il filo del pensiero, che oggi opera in diverse regioni d’Italia e principalmente sul territorio emiliano-romagnolo. Pensiamo che la pratica del dialogo filosofico possa essere un’occasione di coltivare e allenare pensiero critico, abilità relazionali, capacità di ascolto e di introspezione, immaginazione e creatività a tutte le età. Lavoriamo nelle scuole – dall’infanzia fino alla secondaria di secondo grado –, nei luoghi di cultura, nelle aziende, ma anche sul territorio, con progetti dedicati alla cittadinanza e con un occhio di riguardo per i contesti caratterizzati da fragilità economica e sociale. Il nostro obiettivo principale? Portare a grandi e piccoli una pratica trasformativa che ci aiuti a pensare meglio, insieme.

Spesso la filosofia viene vista come una materia ostica, con una forte impronta accademica e scarsa utilità nel vita quotidiana. Qual è invece il vostro approccio?

La filosofia, se approcciata nel suo aspetto più “vivo”, è una disciplina assolutamente universale, che risponde a uno dei più primitivi istinti umani: quello di comprendere e di dare senso. Tutti noi, in quanto esseri pensanti, ci poniamo domande e cerchiamo risposte. Spesso però lo facciamo in solitudine oppure, presi dalla frenesia delle nostre vite e da preoccupazioni che ci sembrano più “adulte”, le mettiamo a tacere o le cataloghiamo come inutili. Lo stesso purtroppo facciamo con il pensiero dei bambini.

La pratica della filosofia non è altro che la messa in scena, condivisa e strutturata, di quello che accade nel nostro foro interiore. A cui si aggiunge un elemento non trascurabile: l’incontro con l’altro, che porta esperienze, pensieri e riflessioni diversi dai miei. Questo è un punto fondamentale per noi, perché oltre ad ascoltare poco noi stessi siamo sempre più disabituati a ragionare insieme e ad ascoltarci autenticamente come comunità.

Le discussioni e i dibattiti diventano troppo spesso una prova di forza, la ricerca dell’argomento vincente che schiaccerà l’avversario. Portare avanti la propria opinione diventa più importante che dare prova di spirito critico; non c’è spazio per il dubbio, la riflessione, l’ascolto. Noi creiamo spazi (e tempi!) in cui porsi domande, ragionare insieme nella forma del dialogo filosofico, così come accadeva nelle accademie del mondo antico, proponendo una pratica di esplorazione collettiva della complessità, del nostro vissuto e del mondo che ci circonda.

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Da sinistra: Chiara Milano, Elena Tassoni, Enrico Liverani, Sara Gomel, Alessia Marchetti e Luca Zanetti

Come dialogate con i bambini e le bambine su temi filosofici?

Lavoriamo con bambini e ragazzi di tutte le età; i temi e gli approcci quindi possono variare a seconda delle classi in cui entriamo, ma i metodi e gli obiettivi sono assolutamente trasversali. In generale, è fondamentale che i bambini e i ragazzi vivano un’esperienza che li faccia sentire coinvolti in prima persona, che possano affrontare nello spazio che offriamo loro le questioni che avvertono come più urgenti. D’altronde è con i loro pensieri e con le loro domande che lavoriamo. Spesso infatti partiamo proprio dalle domande che ci portano i bambini. Chiediamo loro quali sono le loro domande “più importanti”, quelle a cui ancora non hanno trovato risposta.

Nel corso degli incontri poi le affrontiamo insieme. Non portiamo le nostre risposte, ma insegniamo ai bambini a circoscriverle, a comprenderne il significato e a proporre ipotesi valide, che di volta in volta mettiamo alla prova del ragionamento. A volte invece siamo noi a portare stimoli per far nascere la discussione: esperimenti mentali, paradossi classici della filosofia, testi, opere d’arte. Ci piace mescolare stimoli di diversi ambiti e discipline: dalla mitologia al cinema, dall’arte alle scienze, dalla lettura di albi illustrati all’esperienza in natura. Gli stimoli che proponiamo ai bambini sono dei testi pre-testi e cioè degli strumenti che hanno l’effetto di accendere il pensiero e di generare domande.

Potete farci un piccolo esempio?

Immaginate di scambiarvi il cervello con il vostro migliore amico. Una volta avvenuta l’operazione, dove sei tu e dov’è lui? Tu esisti ancora o sei diventato qualcosa di diverso? Da uno stimolo come questo possiamo affrontare con i bambini il tema dell’identità e scoprire che la risposta alla domanda “chi sono io?” è molto più sfuggente di quello che sembra.

Ma può nascere anche una discussione sul tema del rapporto tra la nostra mente e il nostro corpo: in che rapporto sono? Quanto il mio corpo dice di me? E la mia mente? Posso essere ancora io senza uno dei due?
Ed ecco che la discussione in gruppo, mediata dal facilitatore – figura fondamentale che ha il compito di tenere le fila di tutto ciò che viene detto, di mediare e di fare sintesi – diventa un metodo di educazione alla complessità, al dialogo e quindi, potremmo dire, a un fare democratico in cui l’ascolto reciproco e il ragionamento sono abilità essenziali.

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Quale ruolo ha la natura nel vostro percorso di studio e insegnamento?

I filosofi, si sa, per diventare tali devono passare ore e ore chini sui libri! Negli anni universitari credo che molti di noi abbiano vissuto un vero e proprio deficit di natura. Quella in cui viviamo è una società molto urbana, in cui gli spazi naturali sono ancora troppo poco vissuti e valorizzati. Quello del rapporto con il mondo naturale è oggi un tema attualissimo: se da un lato desideriamo riavvicinarci ai boschi, ai laghi, al cielo, dall’altro sfruttiamo e mettiamo in pericolo l’ambiente in cui viviamo.

I nostri luoghi di lavoro e di studio sono spesso poveri di natura, quando invece – ce lo dicono anche le neuroscienze – i contesti naturali favoriscono l’apprendimento e la lucidità mentale. Immersi nella natura ci concentriamo meglio, stiamo meglio fisicamente e psicologicamente. Le accademie del mondo antico sorgevano vicine a fiumi e boschi e la filosofia si praticava spesso in movimento, camminando (la scuola epicurea si chiamava Il Giardino e quella aristotelica peripatetica, di coloro che “passeggiano”).

Questa consapevolezza ci ha portati a proporre dei percorsi in natura, in cui la filosofia è una lente per osservare e meravigliarci del mondo che ci circonda, oltre che per riflettere sulla sua preziosa salvaguardia. Tra questi, “A piccoli passi”, dedicato ai bambini con le loro famiglie, e “Sentieri”, per adulti. Sono passeggiate, per i più piccoli, e camminate più impegnative per i più grandi, in cui i pensieri e le domande si intrecciano all’osservazione del mondo naturale, tra giochi, esercizi e attività di scrittura e di meditazione. Da quest’anno inoltre abbiamo attivato la prima edizione della nostra Scuola estiva, che si svolge in estate nei boschi dell’appenino tosco-romagnolo. Durante l’anno invece proporremo dei weekend esperienziali in natura.

Quali saranno gli argomenti che tratterete all’interno dei vostri contributi su Italia Che Cambia?

Nella nostra rubrica ci occuperemo principalmente di educazione e di innovazione didattica, raccontando le esperienze e le teorie che sono alla base della nostra pratica. Parleremo di educazione al dialogo e di educazione al pensiero critico, di didattica attiva e pensiero infantile. Racconteremo anche cosa accade in concreto durante i nostri laboratori, riportando direttamente alcune delle conversazioni più interessanti avvenute tra bambini e ragazzi.

Siamo ricercatori con percorsi vicini, ma interessi a volte anche molto eterogenei: questa è la nostra ricchezza. Qualcuno tra noi ha il pallino per le scienze, qualcun altro per le pratiche di meditazione, qualcuno per l’arte o per il cinema; interessi che di volta in volta portiamo con noi come bagaglio che arricchisce la nostra proposta educativa e che faremo emergere anche in queste pagine.

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