LA PSICHE SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO

La tendenza a considearare sempre meno l’Essere umano, uomo o donna, al punto di sopprimerlo, necessiterebbe di ulteriori approfondimenti al fine di ridurne l’entità.

di Ernesto Bodini (giornalista scientifico e opinionista)

Alcuni anni fa partecipai ad un congresso nazionale che aveva per titolo “La donna da vittima ad autrice di reato”, attraverso il quale si mise in evidenza il fatto che anche le donne talvolta sono definite dalla cronaca “criminali” alla stessa stregua degli uomini. È certamente un dato di fatto che sulla cui incidenza secondo la letteratura le donne autrici di delitti rappresentano il 10-15% della totalità degli assassini, e stando alle cronache più recenti pare che tale percentuale sia in aumento. Non sta a me, tuttavia, entrare nel merito delle motivazioni, ma a mio parere la suddetta percentuale andrebbe rivista (al “ribasso”) a fronte del notevole incremento dei femminicidi. Su questa evoluzione, non poco preoccupante, si potrebbero fare diverse considerazioni sia di carattere socio-culturale che psicologico e antropologico. In questo contesto entrano in campo molti fattori, ma dal mio punto di vista della comunicazione (quale relatore) e quindi limitandomi ad essa, rammentavo che Cesare Lombroso (1835-1909) affermava che la donna troverebbe nella prostituzione l’equivalente sostitutivo del delitto, cioé il modo di esprimere il suo disadattamento alla vita di relazione. Probabilmente oggi non è più così in quanto le ragioni sono più diversificate, ma bisogna ammettere che l’archetipo femminile dell’eroina, vittima delle violenze maschili, ultimamente ha invertito sensibilmente la tendenza in quanto sono sempre più in aumento le donne che sono vittime di quel becero (mi si perdoni l’eufemismo) maschilismo, motivo di una strage sempre più in ascesa. Pur non rivestendo i panni degli studiosi e degli esperti di questo fenomeno, dal mio canto intendo contribuire citando i titoli di alcune pubblicazioni editoriali che probabilmente sono “archiviate” in qualche biblioteca e, il citarle, potrebbe essere motivo di ripensare e riapprofondire questo fenomeno includendo il quesito: quali le reali e più consistenti ragioni che determinano l’inversione dei casi, ovvero perché stanno aumentando i femminicidi rispetto a quello iniziale relativo al titolo del congresso? Probabilmente molti studiosi sono all’opera già da tempo e tale problema si sta accentuando in particolare anche nel nostro Paese.

Se per certi versi si considera superata la copiosa e famosa opera del Lombroso, ossia “L’uomo delinqente” (Napoleone Editore, 1971), e in parte anche il noto “Atlante inedito di Psichiatria Clinica di Vitige Tirelli” (U. Hoepli editore, 1971) e “Vitige Tirelli psicopatologo forense. Tre perizie medico-legali psichiatriche” (1974), ben più recenti e di maggior considerazione sono “Follia e Psichiatria: crisi di una relazione”, dello psichiatra Alberto Giannelli (Ed. F. Angeli, 2007), e dello stesso autore “Piccoli omicidi. La straordinaria violenza degli adolescenti” (Ed. Monti, 2002; “La follia nel mondo. Per una psichiatria della storia” (Ed. Marietti, 2003,) di Vittorino Andreoli, autorevole studioso della psiche; “L’uomo che restituì la parola ai matti. La comunicazione e la fine dei manicomi” (Editori Riuniti, 2004) del giornalista Nico Pitrelli. Ed ancora. “Perché uccidono? Le scoperte del criminologo indipendente” (Ed. Garzanti, 2001) del giornalista e scrittore scientifico Richard Rhodes; “L’inganno psichiatrico” (Ed. Sensibili alle foglie, 1995) dil Roberto Cestari; “Le lezioni della mia vita. La medicina, la psichiatria, le istituzioni” (Ed. Spirali, 1999) del medico psicanalista Giorgio Antonucci; “Fare e disfare… dall’amre alla distruttività. Il figlicidio materno” (Ed. Aracne, 2005) della psicologa e specialista in Criminologia clinica Alessandra Bramante; “Madri assassine. Diario da Castiglione delle Stiviere” (Ed. Goffi, 2006) della giornalista Adriana Pannitteri. Più impegnativa in quanto corposa la pubblicazione “Trattato dei Disturbi di Personalità” (Raffaello Cortina Editore, 2008) a cura di John M. Oldham, Andrew E. Skodol, Donna S. Bender; risultato di oltre 70 autori, riuniti sotto la prestigiosa sigla America Psychiatric Publishing, probabilmente ancora oggi la più completa ed aggiornata; tant’é che vale la pena specificare che questo trattato, organizzato in sei parti, comprende concetti di base, valutazione clinica, eziologia, trattamento, problemi e popolazioni particolari, nuovi sviluppi e indicazioni future, che prende in considerazione le teorie più recenti e i risultati della ricerca e nel contempo una guida clinica e un testo di riferimento per psichiatri, psicologi, medici, accademici, studenti e, perché no, divulgatori scientifici. Tutte opere scientifiche e di mera divulgazione che, a mio modesto avviso, inducono il lettore e il neo studioso a riflessioni e considerazioni, ma che non devono (o non dovrebbero) suscitare propensione a giudizi impropri che certamente rischiano, in questo particolare contesto, di non essere sufficientemente competenti e obiettivi. Tuttavia, per tornare al concetto introduttivo dell’articolo, la società con tutte le implicazioni di vario ordine e grado, ha le sue esigenze ma anche doveri e non può venir meno a certe posizioni come il controllo del comportamento umano, ovvero quando uno dei suoi membri manifesta segni di follia che, secondo lo psichiatria Andreoli, dipende da tre elementi: la biologia, le esperienze (soprattutto quelle dei primi tre anni di vita) e poi l’ambiente in cui si vive. E molto più modestamente, seppur da profano ma attento agli eventi sociali, aggiungerei un altro elemento: il corposo e velocissimo progresso come la troppo facile conquista di determinate libertà e dei beni (in particolare quelli ludici, venali e lussuriosi) che non lasciano spazio per riflettere ed apprezzare i reali valori della vita, favorendo in taluni casi la scarsa o nulla considerazione della persona al punto da sopprimerla.

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