31 Gen 2023

L’Italia è al primo posto in Europa per gli impatti sulla salute delle centrali elettriche a gas

Scritto da: Redazione

Circa la metà della produzione di energia elettrica in Italia deriva da fonti fossili. Nonostante il rischio sanitario provocato da questa situazione sia già elevato, il nostro paese continua a investire sulla centrali elettriche a gas. Lo denunciano HEAL, ISDE e ReCommon, che hanno stilato un rapporto sulle conseguenze sulla salute di questo triste primato.

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Il rapporto False fix: the hidden health impacts of Europe’s fossil gas dependency – ovvero “Una falsa soluzione: gli effetti nascosti sulla salute della dipendenza dai gas fossili in Europa” – lanciato oggi da HEAL, ISDE e ReCommon per la prima volta analizza gli effetti sulla salute della combustione di gas fossili, evidenziando come il rischio sanitario sia molto alto, così come accade per tutti gli altri combustibili fossili.

L’Italia risulta in cima alla lista per quanto riguarda gli impatti sulla salute delle centrali a gas, che oggi coprono la metà del fabbisogno elettrico del Paese. Alla fine del 2021, risultavano proposti 48 nuovi gruppi di generazione elettrica a gas, pari a 18,5 GW di potenza, che si aggiungerebbero ai 41 GW esistenti. Nella lista degli inquinatori che bruciano gas fossile in Italia Enipower, parte del gruppo Eni, controllato per il 30% dallo Stato, è al primo posto. Le centrali di Enipower emettono il 20% delle emissioni di ossidi di azoto di tutto il parco elettrico a gas italiano.

Centrale santabarbara2006

Per citare un altro dato rilevante presente nel rapporto, va rimarcato che nel solo 2019 la combustione di gas fossili per la generazione di energia o calore ha causato nell’UE-27 e nel Regno Unito oltre 2.800 decessi prematuri da inquinamento dell’aria (PM2.5, NO2 e ozono). Le Ong sono molto preoccupate dalle mosse della Commissione europea, che ha incluso nuove infrastrutture per l’espansione del mercato del gas fossile nel pacchetto REPowerEU, al fine di affrontare la crisi energetica in atto.

La dipendenza dell’UE e del Regno Unito dall’energia generata da gas fossili ha prodotto nel solo 2019 costi sanitari pari a circa 8,7 miliardi di euro, con impatto maggiore a carico di Italia, Germania, Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e Spagna. Questi costi sono dovuti a conseguenze dirette sulla salute dell’inquinamento dell’aria originato dalla combustione dei gas, che ha provocato oltre 2.800 decessi prematuri, circa 15mila casi di problemi respiratori in adulti e bambini, oltre 4.100 ricoveri ospedalieri e più di 5 milioni di giorni di produttività persi per malattia.

L’Italia risulta in cima alla lista per quanto riguarda gli impatti sulla salute delle centrali a gas, che oggi coprono la metà del fabbisogno elettrico del Paese

Le Ong chiedono con urgenza l’adozione di un calendario ambizioso per il completo abbandono di tutti i combustibili fossili, compresi i gas fossili, evitando di affidarsi a false soluzioni che rallenterebbero questo percorso e provocherebbero ulteriori danni. Le Ong sottolineano inoltre che il protrarsi della dipendenza dai gas fossili compromette l’impegno dell’UE per il raggiungimento dell’obiettivo “inquinamento zero”, come previsto dal Green Deal, e accelera il cambiamento climatico anche laddove esistono delle alternative.

«Sebbene la generazione di energia dal carbone sia la forma maggiormente inquinante di produzione energetica, la combustione di gas fossili non è priva di capacità inquinante», ha detto Vlatka Matkovic, Senior Health and Energy Officer di HEAL. «Gli effetti sulla salute e i costi derivanti dalla combustione di gas fossili sono stati enormemente sottostimati nei dibattiti pubblici e politici, ma non possono più essere ignorati. Continuare a dipendere dai gas fossili è nocivo, soprattutto perché le centrali elettriche si trovano in aree densamente popolate, nelle quali una moltitudine di persone viene minacciata dagli effetti dell’inquinamento dell’aria».

Inquinamento

Il dottor Agostino Di Ciaula, Presidente Comitato Scientifico ISDE, ha affermato che «circa vetnt’anni fa l’Italia ha investito massivamente nella produzione di energia da gas fossile. Il risultato è che il nostro Paese deve oggi subire, tra gli Stati Europei, i più pesanti costi sanitari generati da questa scelta, che già allora appariva insostenibile. Bruciare gas fossili non è, ora come allora, un’opzione sostenibile: alimenta la crisi climatica e genera enormi conseguenze sanitarie che sarebbero facilmente evitabili. Per questi motivi non può essere considerata una strategia di transizione. Una concreta decarbonizzazione che protegga i cittadini dall’inquinamento atmosferico e rallenti i cambiamenti del clima potrà essere ottenuta solo bandendo completamente qualunque fonte fossile, compreso il gas».

Un ulteriore monito arriva da Antonio Tricarico, campaigner e ricercatore di ReCommon: «Il gas non è un combustibile di transizione, come sostiene l’industria fossile, ma un combustibile che fa ammalare e uccide. È inaccettabile che lo Stato italiano sia il principale azionista dell’azienda che inquina di più con le sue centrali a gas, il tutto a discapito della popolazione italiana. Lo Stato prima incassa il 30% dei profitti di Eni e poi si sobbarca il 100% degli impatti sanitari delle centrali del cane a sei zampe. La revisione del Piano Nazionale per l’Energia e il Clima prevista quest’anno dovrebbe mirare ad adottare l’obiettivo di un sistema elettrico libero da fonti fossili entro il 2035 e sollecitare un’ordinata eliminazione del gas entro tale data».

Il briefing completo in italiano, la metodologia di studio e tutte le info sono disponibili qua.

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