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Clima di sconfitta

Non informare sulla sconfitta climatica può annullare la credibilità dell'informazione ambientale

cambiamenti climatici
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Si tratta di una voce sottile, ma di quelle che lasciano spazio a certezze. È quella dei climatologi che da alcuni anni parlano con “discrezione” dei tipping point, i punti di non ritorno, ossia quei fenomeni legati ai cambiamenti climatici dai quali, una volta innescati, non è possibile tornare indietro. Fenomeni mai osservati prima che possono essere presi a pretesto da parte della politica per accusare d’indeterminatezza tutto il processo scientifico d’analisi sul clima. Per questo motivo, nonostante Jim Hansen, uno dei protagonisti della scienza del clima, avesse definito fin dal 2013 i tipping point “our nightmare”, il nostro incubo, questi fenomeni sono molto più sottotraccia rispetto ad altri come l’aumento di temperatura, la concentrazione della CO2 e gli eventi estremi.

clima inondazioni

Attivazioni

Tutti i tipping point previsti si stanno attivando, l’emissione di metano dovuta allo scioglimento del permafrost, l’acidificazione degli oceani che riduce l’assorbimento della CO2, il rallentamento della corrente del Golfo, lo scioglimento dei ghiacciai della Groenlandia e, recenemente, la crisi non reversibile del ghiacciaio antartico di Pine Island. E a maggio 2023 la concentrazione di CO2 giornaliera ha superato per la prima volta nella storia le 424 ppm.

clima trasporto navale

Energia globale

A questo scenario aggiungiamo quello energetico globale. Nel 2021 le fonti fossili provvedevano all’83,1% della produzione energetica – nel 1973 era all’86,7%, la differenza è data dal +4% di nucleare e dal 2% di nuove rinnovabili ma si è più che raddoppiata l’energia usata, si è passati da 6.098 Mtoe ai 14.221 Mtoe nel 2021 -, lo stallo sostanziale dei negoziati sul clima dopo quattro assisi post Accordo di Parigi del 2015 e la previsione di un aumento della popolazione al 2050 di altri 2 miliardi di persone: questa situazione, se messa in relazione all’urgenza di un’inversione di rotta, possiamo solo chiamarla con una parola: sconfitta.

clima tempesta

Onore delle armi

Qualsiasi generale dopo uno scontro di quarantacinque anni, un campo di battaglia avverso, il raddoppiamento dei tiri d’artiglieria da parte delle forze nemiche e i fallimenti dei negoziati per la tregua, si arrenderebbe. Unico problema: nella battaglia sul clima i nemici siamo noi, ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano. La questione che m’interessa porre è quella legata al ruolo dell’informazione, ossia come diffondere la notizia di una sconfitta, sapendo che la notizia stessa può essere fonte di nuovi arretramenti e sconfitte che aggraveranno di sicuro le perdite.

clima deserto tipping point

Ambiente emebedded

La questione non è di poco conto. Da un lato, l’informazione ambientale si trova nel ruolo di un corrispondente di guerra “embedded”, interna a una bolla informativa nella quale non si vuole avere percezione della sconfitta e da questa posizione si vìola buona parte della deontologia giornalistica che impone una maggiore neutralità e, dall’altro, è indispensabile fare informazione di qualità sugli effetti che la sconfitta climatica sta provocando. Una posizione che rasenta il dogma indifendibile e che porterà l’informazione ambientale a una crisi maggiore di quella attuale. La qualità dell’informazione potrebbe essere giudicata poco attendibile e di conseguenza ignorata. Se non ci sarà una netta inversione di rotta, quella che si prefigura sarà una disfatta dell’informazione ambientale che amplificherà quella sul clima.


Questo articolo è stato pubblicato su QualEnergia

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