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Eolico: vento di comunità

L'industria eolica moderna è nata grazie a una piccola comunità energetica che realizzò da sola oltre quarant’anni fa la pala eolica, all'epoca, più grande del mondo

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di Sergio Ferraris*

Immaginate di essere uno scolaro danese che il 26 marzo del 1978 si reca a scuola a piedi. È un giorno ventoso a Tvind, in Danimarca, nello stato dello Jutland occidentale, ma non è una novità. Il vento da quelle parti soffia incessante per oltre 300 giorni l’anno. La vera novità, invece, è quel rumore strano, diverso dallo stormire delle foglie percosse dal vento. Quel rumore fatto da un sibilo alto di frequenza e un’ondeggiare di frequenza bassa. Un rumore inedito per quei tempi e quelle latitudini. Il rumore del vento che si trasforma in energia elettrica. Pulita, sicura, ecologica ed equa. Questo fu, ed è ancora oggi il rumore di quella che è stata per anni, con i suoi due megawatt di potenza, la pala eolica più potente del mondo, ma soprattutto la prima realizzata per intero da una comunità di cittadini: la pala chiamata Tvindkraft. L’avventura dell’eolico a Tvind era partita, tra lo scetticismo generale, tre anni prima, il 29 maggio 1975 e il progetto era considerato temerario ai limiti della follia. Tutti i maggiori esperti d’energia danesi concordavano in un unico giudizio: impossibile. Dai giornali queste tesi rimbalzano verso l’opinione pubblica prevedendo il crollo dell’enorme, per l’epoca, pala eolica alla prima raffica di vento. I cittadini di Tvind proseguirono nel loro progetto visionario e impossibile supportati anche dal fatto che la costruzione della grande pala eolica era vista con favore dalle persone al punto che oltre 100 mila danesi visitarono il cantiere durante i tre anni della costruzione. E non si trattava solo di curiosi che venivano a vedere come la piccola scuola di Tvind aveva deciso, coinvolgendo la comunità, di scegliere una fonte rinnovabile all’epoca “inesistente” anche e soprattutto per motivi etici e politici. Quegli anni erano caratterizzati da un modello di sviluppo che si pensava infinito e per il quale sarebbe servita una fonte d’energia che all’epoca si pensava sicura, non inquinante e illimitata come il nucleare, mentre il paradigma energetico era quello centralizzato nel quale il ruolo delle persone si riduceva ad essere quello di meri consumatori. È una battaglia che i cittadini di Tvind hanno vinto. Tvindkraft oggi genera ancora energia pulita, riscaldando tra le altre cose la scuola vicina alla quale è stata progettata, mentre la limitrofa centrale nucleare svedese di Barsebäck, entrata in funzione nel 1975, ha chiuso definitivamente la produzione elettrica, lasciando in eredità alle future generazioni tonnellate di scorie radioattive. Oltre a ciò, Tvindkraft è diventata la spinta della rivoluzione energetica danese.


Guarda il videoreportage, del 1975, della Tv danese su Tvindkraft (sottotitoli in italiano)


A scuola di vento

Tra coloro che visitarono il cantiere, ci sono molti che negli anni ’80 divennero i protagonisti della rivoluzione energetica e industriale della Danimarca attraverso l’eolico. Tvindkraft divenne un punto di snodo cruciale nel dibattito sull’energia in tutto il nord dell’Europa e fu con ogni probabilità l’innesco dell’industria eolica danese, oggi la prima al mondo per capacità di produzione degli aerogeneratori. Vedere con i propri occhi che persone, aggregate attorno a una piccola scuola, solo con i propri mezzi, per la verità piuttosto scarsi e utilizzando materiali e conoscenze dell’epoca senza alcun supporto di istituti di ricerca, riuscirono a realizzare la pala eolica all’epoca più grande del mondo producendo l’incredibile quantità di energia -sempre per quei tempi- di 2 MWh, è stata con ogni probabilità una delle vittorie ecologiste della storia più nette sul fronte delle rinnovabili. Da quel giorno di marzo i danesi hanno visto il vento con occhi diversi e si deve anche all’esperienza di Tvind il fatto che dal 1985 l’energia nucleare in Danimarca sia vietata per legge e che nel 2005 abbiano chiuso anche i tre piccoli reattori nucleari di ricerca del laboratorio scientifico statale per gli studi sull’energia di Risø. Un salto culturale non indifferente per una nazione che ha dato i natali a uno dei padri della fisica nucleare: il premio Nobel Niels Bohr.

L’esperienza di Tvind non ebbe effetti solo sull’opinione pubblica, ma anche sull’industria. Nel libro “Renewable Energy in Denmark”, OVE Publishers, 2000, troviamo diverse testimonianze. «Avevo letto di Tvindkraft sulla stampa e durante il Natale del 1976 io e mio padre andammo per la prima volta a Tvind e, come tutti, rimanemmo affascinati da questo gruppo di “dilettanti”, che stava costruendo il mulino a vento più grande del mondo. – afferma Henrik Stiesda, già direttore tecnico di Siemens Wind Power – Durante la primavera del 1977 siamo tornati a Tvind diverse volte e qui ho acquistato diversi libri sul “potere del vento”». Stiesda non è un manager qualsiasi. In Danimarca è considerato l’inventore del “concetto danese dell’eolico” uno standard che ha reso il design danese degli aerogeneratori primo al mondo, ha progettato la prima pala eolica che ha ripreso questo concetto nel 1978 – l’anno d’entrata in funzione di Tvindkraft – e ha collezionato 175 invenzioni e 650 brevetti nel settore. Sempre nello stesso volume Iben Østergaard uno dei realizzatori di Tvindkraft cita Birger T. Madsen , ex manager di Vestas, la più grande azienda al mondo dell’eolico: «Durante il progetto si svolsero molte discussioni e ciò ha coinvolto un gran numero di persone qualificate e ha permesso di discutere delle possibili soluzioni a problemi concreti, magari anche solo teorizzando, per generare elettricità, per gestire il vento e quali materiali usare. Alcune volte si è arrivati a vicoli ciechi, ma in altre occasioni si sono trovati dei princìpi impiegabili subito. Sia le esperienze positive sia le negative sono state importanti». E sempre lo stesso Østergaard racconta nel libro del gruppo di giovani ingegneri dei laboratori eolici di Risø che: «da Tvindkraft loro ebbero non solo la fiducia nella propria attività, ma anche la prova che l’energia eolica era una possibilità nonostante i fallimenti in materia delle grandi industrie e delle compagnie elettriche che non vedevano l’ora di introdurre il nucleare in Danimarca».


Vedi le immagini dell’epoca scattate direttamente dai membri della comunità energetica.


Tecnologie nuove

Anche il rapporto con la scuola nella realizzazione Tvindkraft è stato positivo. Il capo saldatore della squadra era Henning Jønsson, insegnante di saldatura a Tvind che ricorda: «Tutti eravamo molto motivati, specialmente gli studenti che hanno svolto il difficile lavoro di saldatura in maniera accurata rispettando tutte le normative tecniche e probabilmente per questo motivo il mozzo della pala, realizzato con le saldature è durato oltre trent’anni». Questa soluzione nelle pale eoliche industriali non è adottata, è utilizzata la fusione, perché in linea di principio è difficile calcolare in sede di progettazione le caratteristiche dei mozzi saldati che saranno soggetti a carichi potenti e variabili. E la pragmaticità dei realizzatori di Tvindkraft sta tutta in due questioni. La prima, è che durante la realizzazione di Tvindkraft misero in opera una copia più piccola da 18 kW dell’esemplare più grande per avere la possibilità rendersi conto di eventuali problemi e trovare soluzioni in corso d’opera. La seconda, risiede nello studio accurato che fu fatto dalla comunità per realizzare quello che è l’elemento più critico degli aerogeneratori: le pale. All’epoca diverse aziende ne stavano studiando il design, perché sono elementi che devono sfruttare tutto il vento possibile, resistere per anni a condizioni e sollecitazioni critiche, facendo meno rumore possibile. Nel 1976 alcune di esse si consorziarno per mettere a punto la realizzazione di pale da otto metri, nel frattempo quelle da 4,5 metri dell’aerogeneratore da 18 kW di Tvind già erano al lavoro. Il design delle pale di Tvindkraft fu adottato da uno dei primi produttori di aerogeneratori danesi e da lì divenne, con le opportune modifiche, lo standard vincente per l’industria danese dell’eolico. Nessuno a Tvind è diventato ricco. Per scelta. I cittadini hanno fatto propri i concetti del movimento cooperativo danese alla fine dell’Ottocento che con l’approvazione della prima legge sui brevetti del 1895 si assicurò che i processi e le tecnologie agricole non potessero essere brevettati. E hanno ceduto le tecnologie messe a punto a titolo gratuito a chiunque potesse svilupparle.

Per anni, anzi decenni, le pale di Tvindkraft hanno continuato a girare nell’ombra e non illuminate dai riflettori, a causa dell’ostilità del mondo energetico che probabilmente sopporta poco un’esperienza “dal basso” di questa portata,  fino a quando nel 2008, al compimento del trentesimo anno d’attività l’esperienza della scuola Tvind non è stata premiata all’European Solar Prize per il valore comunicativo verso la comunità locale dell’esperienza. E oggi Tvindkraft ancora funziona ed è l’aerogeneratore in funzione più “antico” al mondo, fornendo i due terzi dell’energia necessaria alla scuola Tvind che nel frattempo è diventato un campus internazionale sui cambiamenti climatici.


Sfoglia l’articolo originale uscito su “L’Ecofuturo Magazine” numero 3 aprile/maggio 2021


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Testo, traduzione dei sottotitoli e implementazione tecnologica: Sergio Ferraris

*giornalista scientifico e direttore della rivista di Legambiente e Kyoto Club “QualEnergia”

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