IN ATTESA DELLE FESTIVITÀ

Più vicinanza anche interiore ai nostri simili colpiti dalle sventure. Non moralismo ma ideale partecipazione da parte di tutti, classe politica in primis la quale come inizio potrebbe contribuire ad abolire la burocrazia (sarebbe un bel “regalo”) e, in tal senso, si tratta essenzialmente di volere o non volere…

di Ernesto Bodini (giornalista e opinionista)

So bene che le ricorrenze e le festività canoniche di una certa importanza siano da ricordare e onorare, specie se l’intento è quello di avvicinare i popoli. Ma in questo lungo e tormentato periodo tra pandemia, disastri idrologici ed ambientali, povertà dilagante, delitti quotidiani, eventi funesti d’ogni genere ed altro ancora, non mi sembra proprio il caso di dare tanto lustro alle rinnovate vetrine con lustri e lustrini, proposte di beni di lusso e, dato l’imminente momento, ostentare (sia pur in forma un po’ attenuata) le festività del Natale. Del resto è una ricorrenza che ha perso di molto (se lo si vuole ammettere) il suo “fascino” cristiano e spirituale… ma non quello festaiolo. Questa mia “reprimenda” è per ricordare gli oltre sei milioni di poveri, gli sfollati per alluvioni e terremoti, i gravissimi malati anziani e non, che non riescono ad avere alcun giovamento, come pure i deceduti sul posto di lavoro, i famigliari che hanno perso un congiunto per mano della criminalità, i disoccupati, i precari, i detenuti innocenti che non riescono a dimostrare la loro innocenza, oltre naturalmente ai perseguitati a causa dei vari conflitti bellici. Ma purtroppo, o forse è giusto che sia così, le esigenze di mercato si fanno sentire, specialmente in seguito della pandemia, e c’é quindi bisogno di risalire la china affidandosi ad iniziative che hanno la loro ragion d’essere nel commercio e nella pubblicità. Quindi si stanno avvicinando giorni frenetici per dedicarsi agli acquisti anche non di prima necessità, alla organizzazione di un periodo di spensierate vacanze e, nel contempo, si sommano richieste di donazione per questa o quella iniziativa sociale; richieste che per il vero vengono fatte più volte anche durante l’anno da questa o quella associazione. Deduco che, nonostante tutto, anche quest’anno il Santo Natale lo si festeggerà comunque, e ben venga per i bambini dall’innocenza e candore incontaminati, ma in molte famiglie il sorriso e la spensieratezza di un tempo lasceranno il posto alla tristezza se non anche allo sconforto; di conseguenza tra la popolazione si creerà una sorta di “dualismo esistenziale”, pur rendendomi conto che nel corso degli anni le avversità ci sono sempre state e le Festività si onoravano comunque. È pur vero che se si interrompessero questi tradizionali appuntamenti le persone disagiate non ne troverebbero giovamento comunque, ma è altrettanto vero che un minimo di solidarietà “comportamentale” e di vicinanza, ridimensionando tutto ciò che è ostentazione per il lusso e il superfluo, se non altro darebbe loro conforto con l’idea di una minore indifferenza e minor egoismo. Se poi si vuole estendere il nostro pensiero alle popolazioni oltre i nostri confini, parte delle quali sempre più provate da conflitti e privazioni d’ogni sorta, credo che la Festività del Natale debba essere meno festosa perché diversamente sarebbe come evidenziare differenze sul piano materiale e sociale. Non è certo mia intenzione fare del moralismo, ma semplicemente un invito a trasmettere parte del nostro sorriso a chi ha difficoltà nel riprendersi da ciò che ha subìto.

Ed è pur vero che, come in questi casi, è più facile a dirsi che a farsi, ma averne almeno il pensiero è già indice di altruismo, un altruismo che dovrebbe essere manifestato anche dalla classe politica la quale, a mio avviso, si avvede dei problemi ma resta ancora troppo distante dagli stessi ad eccezione per le esigenze di intervento più improrogabili. Purtroppo si perpetuano i detti: “Chi sta bene non si muove”, “Pancia piena non pensa a quella vuota”, “Il ricco mangia il povero si nutre”; sentenze popolari lapidarie ma concrete e per capovolgerle non basta certo l’obolo di tizio, di caio o di sempronio con “l’aggravante” che viene specificato l’importo dell’offerta; un modo, questo, che a mio avviso è non poco lesivo alla dignità della persona: caso mai una donazione deve essere libera e non sollecitata precisando il quantum (sic!). Anche in questi casi si tratta di “correggere” l’informazione-pubblicitaria affinché sia priva di retorica se non anche di demagogia, oltre a garantire una maggiore presenza delle Istituzioni cominciando, ad esempio, ad abolire la burocrazia affinché diano per prime l’esempio della vicinanza e della solidarietà e non soltanto con provvedimenti di rito…, rispettando quindi quei diritti che spesso sono elusi! Quello che inoltre manca nel nostro Paese sono le rievocazioni di esempi storici in cui i vari protagonisti si sono concretamente espressi considerando l’Essere umano al proprio pari e, come ripeto, non sarà certo quella offerta (diretta o indiretta) a risollevare il morale di chi è caduto in disgrazia. A questo riguardo  rammento  che lasciar cadere una monetina nella ciotola di un “clochard” a margini di un marciapiede, accompagnata da un nostro sguardo spontaneo, non compassionevole e di circostanza, assume spesso un valore che solo Dio può giudicare. Sostengo questi concetti da sempre, non condizionato da alcuno, in ragione del fatto che spesso un gesto materiale tenderebbe a “tranquillizzare” la propria coscienza e, nello stesso tempo, non risolverebbe nel concreto la situazione dell’avente bisogno. Io credo che i rapporti umani si possano migliorare non creando nuovi “eroi” o un plus di generosi dell’ultima ora, dei quali ogni anno il nostro Paese ne va sempre più fiero, ma dare meno censo ad ogni esteriorità (da parte di artisti, sportivi, protagonisti pubblicitari, politici, pseudo filantropi, etc.) le cui performance creano emulazione, illusioni e falsi miti… se non anche invidia. In sostanza, un buon Natale vuol dire avere quella piena coscienza che rifugga, almeno un poco, da tutto quello che è sinonimo di vuoto interiore!

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